Nata a Trento , Benedetta si è formata all’Accademia di Belle Arti di Venezia con una tesi in illustrazione sulla rappresentazione degli stereotipi di genere nelle fiabe classiche.
Dal 2017 lavora come illustratrice freelance per varie realtà editoriali online e cartacee: Bossy, Softrevolution e Senza Rossetto.
Ha illustrato racconti e romanzi per Futura di Corriere della Sera, il Saggiatore, Giunti e Mondadori.
I suoi disegni affrontano temi legati al femminismo, all’identità di genere e alla sessualità.
Di recente ha iniziato una collaborazione con il Cicap, un’organizzazione educativa nata per promuovere l’indagine scientifica. Grazie a questi nuovi stimoli, i suoi lavori hanno cominciato ad affrontare temi legati al cambiamento climatico e alla lotta contro la disinformazione scientifica.
L’abbiamo intervistata per voi. Ecco quello che ci ha raccontato.
Se dovessimo presentarti come artista in 3 parole, di te dovremmo dire ….
Che sono ironica, malinconica e non nomino i livelli di Photoshop!

Come ti sei avvicinata al mondo dell’arte?
Probabilmente gattonando! Non ricordo un momento della mia vita in cui non fossi intenta a sfogliare libri d’arte o a scarabocchiare sulle superfici disponibili
Quali sono i temi che affronti nei tuoi lavori?
I più diversi! Ho parlato di crisi climatica e di cellulite, di depressione e di fantasmi! Mi piace condividere i temi che mi appassionano o le storie che leggo. Ci sono però degli argomenti che mi accompagnano sempre, come la parità di genere, il superamento degli stereotipi di genere e diritti lgbt+

Tu ti definisci un’artista femminista e, infatti, molte delle tue illustrazioni affrontano problemi legati allo stereotipo di genere. Un tema molto sentito e dibattuto nel nostro tempo. Cosa ti spinge ad affrontare questo tema? Cosa vuoi comunicare a chi guarda i tuoi disegni?
Il femminismo per me è una base dalla quale partire per costruire un qualsiasi discorso narrativo, come dicevo prima è un tema che non mi abbandona mai. Penso che chi come me produce immagini abbia una responsabilità in termini di rappresentazione. Credo quindi che sia doveroso fare un piccolo sforzo e cercare di essere più inclusivi possibile e superare gli stereotipi quando si disegnano le cose e le persone del mondo.

C’è un’illustrazione a cui sei particolarmente legata? Raccontaci di cosa parla e da cosa hai tratto ispirazione per realizzarla.

Nelle mie illustrazioni mi piace prendere spunto o addirittura citare opere d’arte, fotografie o scene di film, ma non l’ho fatto in una delle immagini a cui sono più legata. Si tratta di un’illustrazione per un racconto uscito su Futura di Corriere della Sera: la palude che mi porto dentro.
La storia è quella di una madre che ha perso il figlio e per reprimere il dolore percorre lunghi tragitti in auto, fallendo. Per ricostruire questa situazione alienata ho preso spunto dalla mia esperienza come passeggera in auto, con la fronte schiacciata contro il finestrino a seguire i fili dei tralicci. Il peso della perdita l’ho rappresentato con l’ingombrante presenza di una palude che non la lascia mai.
Ci sono progetti a cui stai lavorando attualmente di cui vorresti raccontarci qualcosa?
Troppi, ma di molti non posso rivelare ancora nulla! Uno che presto verrà pubblicato tratta una figura assai controversa ma decisamente affascinante della mia terra d’origine: il Trentino Alto Adige.
Chiara A.